Ore 11.30,
intervista telefonica con Chef Rubio.
Durante quella telefonata sono stata attraversata da una stranissima sensazione:mi sembrava di parlare con la tv ; stentavo e stento ancora a credere di aver conversato con “quello di Unti e Bisunti”, lo stesso chef che a Cetara aveva bevuto la colatura di alici manco fosse acqua , lo stesso che a Livorno aveva avuto il coraggio di mangiare l’occhio di un’orata.
Ho cercato, nonostante la saliva bloccata in gola e una balbuzie temporanea, di sembrare il più tranquilla possibile, ma so di aver fallito miseramente.
Da due anni , i ritmi frenetici lo
spingono ad una colazione sempre diversa, in relazione al luogo in cui si
trova, senza fare tanta distinzione tra il dolce e il salato.
“Onestamente, purtroppo però, si tratta, ultimamente, sempre di un caffè e biscotteria secca per poi recuperare a metà mattina con qualcosa di più sostanzioso”.
Ha girato il mondo alla scoperta dei sapori con lo zaino in spalla, un mestolo e pochi spicci ed ha sul curriculum il diploma all’ALMA di Gualtiero Marchesi .
Prima di diventare chef, Gabriele era un rugbista professionista e il piatto che meglio gli ricorda il mondo del rugby e il suo passato da sportivo è l’asado.
“L’asado è un taglio di carne cotto alla griglia tipico argentino. Lo associo al rugby perché ho avuto tanti compagni di squadra argentini e il momento in cui si faceva la brace, si cuoceva la carne, si stava intorno al fuoco era qualcosa di molto bello e sicuramente fraterno.”
“Onestamente, purtroppo però, si tratta, ultimamente, sempre di un caffè e biscotteria secca per poi recuperare a metà mattina con qualcosa di più sostanzioso”.
Ha girato il mondo alla scoperta dei sapori con lo zaino in spalla, un mestolo e pochi spicci ed ha sul curriculum il diploma all’ALMA di Gualtiero Marchesi .
Prima di diventare chef, Gabriele era un rugbista professionista e il piatto che meglio gli ricorda il mondo del rugby e il suo passato da sportivo è l’asado.
“L’asado è un taglio di carne cotto alla griglia tipico argentino. Lo associo al rugby perché ho avuto tanti compagni di squadra argentini e il momento in cui si faceva la brace, si cuoceva la carne, si stava intorno al fuoco era qualcosa di molto bello e sicuramente fraterno.”
Quello tra Rubio e il cibo non è solo lavoro ma è una storia di amore, un approccio materiale che si nota quando mangia a mani nude, senza nessuna mise en place, come se volesse capire anche con il tatto le tradizioni e le materie prime di un piatto.
Un modo di fare del tutto diverso da quello a cui ci hanno abituato gli chef stellati che popolano la TV e il web.
A suo dire questo modo di spettacolarizzare il lavoro del cuoco non potrà mai distruggere le tradizioni del patrimonio gastronomico perché, senza mezzi termini:
“Alla fine c’è sempre una selezione naturale . Se sei un cuoco capace, la gente ti viene a trovare; se sei un incapace, puoi durare poco e poi capisci che non era quella la tua professione. Di sicuro ci sono poche persone in giro che lo fanno con amore e tanti che lo fanno per business”
Ci vuole dedizione per affrontare la vita e realizzare il proprio sogno, che sia il rugby o la cucina e questo Chef Rubio lo sa bene:
“Tutti possono cucinare, non tutti possono
cucinare ad alto livello. Ma se si mette il cuore e la passione prima di tutto
il resto, sicuramente poi c’è tempo per
studiare e fare esperienze.”